NOTE PER LA CONSULTAZIONE

NOTE PER LA CONSULTAZIONE:
Per leggere, scorrete la pagina verso il basso: il blog è come una rivista che va "srotolata" anziché sfogliarla. La grafica è ottimizzata per gli schermi dei computer; se leggete da un telefono o tablet, vi consigliamo di tenerlo in posizione "orizzontale".
Per la ricerca di artisti, temi e luoghi usate la casella Cerca nel Blog oppure l'Indice Alfabetico sul lato destro della pagina, visibile scorrendo un poco verso il basso.
Per contattarci: Rita Castigli rita.castigli@gmail.com - Aurelio Stoppini aureliostoppini@libero.it
Visualizzazione post con etichetta Linea d'Ombra. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Linea d'Ombra. Mostra tutti i post

giovedì 19 aprile 2012

Invito alla visita: due mostre tra Romagna e Montefeltro


L'ultima escursione dei Cacciatori d'Arte Mascherati è stata verso Rimini, dove c'è la possibilità preziosa di vedere tanti capolavori temporaneamente prestati da Musei americani ed europei. Il maltempo non ha tolto nulla alla gioia della visita. 
Poi da Rimini a Urbino, un breve tragitto in un paesaggio di grande bellezza. Qui c'è una mostra che, a differenza di quella riminese che spazia in cinque secoli e tanti paesi, ci porta all'interno di un tema, la Città Ideale, e un periodo, la seconda metà del secolo XV, momento di incanto e di magia tutta italiana.


_________________________________________________________________

Rimini: Da Vermeer a Kandinski



Johannes Vermeer, Cristo in casa di Marta e Maria, 1654 circa. 
National Gallery of Scotland, Edinburgh.
(Cliccando si accede alla riproduzione HD del Google Art Project)

Le ragioni della mostra e i criteri delle scelte sono espressi nell'appassionata introduzione al catalogo scritta dal suo curatore, Marco Goldin.

“La mostra è un canto corale, l'affrontare il fluire del tempo -il prima e il poi- come sola sostanza, come unico respiro. Non le singole presenze, non le singole vite, pur maestosamente affioranti, ma il corpo intero della pittura, il suo procedere come una legione. Sacralità del cammino, mentre file di uomini e donne passano da un punto all'altro della storia e così facendo traggono immagini dalla vita, dal suo consumarsi e dal suo annunciarsi. Il pittore è così sempre su una soglia, nel punto in cui conclusa una strada se ne annuncia un'altra. Si passerà da una sala all'altra di questa mostra sentendo che non ci sono confini e invece solo immagini che stanno vicine, perché la pittura effettivamente appaia per quel che è, una lunga, estasiata corrente d'amore.


Dominikos Theotokopoulos detto El Greco, Fratel Hortensio Félix Paravicino, 1609.
Museum of Fine Arts, Boston (link a Google Art Project)

… A questo se potessi dire serve questa mostra. A essere prima di tutto canto dispiegato nel segno della bellezza, dell'incanto, dello struggimento per l'essere al mondo. E poi costruzione dell'immagine per determinare nello spazio della tela la bellezza rappresentata. Perché la pittura ha per tema proprio la trasformazione del sentimento in immagine. Ha come prerogativa fondamentale, e direi unica, di rendere il suono e la voce dell'anima, immagine.”

Suono e voce che diventando immagine trovano la più alta espressione nel silenzio della tela e nella sua magica completezza in cui il senso tragico dell'esperienza si traduce in una bellezza tanto profondamente umana da sembrare divina.


Lorenzo Lotto, La Vergine e il Bambino con San Girolamo e San Nicola da Tolentino, 1523-24.
Museum of Fine Arts, Boston. Link al Google Art Project

Quel Gesù bambino del Lotto scelto per il manifesto della mostra, tenerissima carne tenuta dalla soavità delle mani di Maria ma circondato dai segni della sua futura Passione riassume il senso dell'umano sentire, l'oggetto, in ultima istanza, della ricerca artistica.


Claude Monet, Campo di papaveri vicino a Giverny, 1885.
Museum of Fine Arts, Boston. Link al Google Art Project

Dalle forme più varie e sensuose di miti e paesaggi fino alla brutalità crudele della trilogia di Bacon o alla densità abissale dei ritratti, la pittura "mette in scena l'anima del mondo” e tutti, rapiti dal mistero della bellezza, la sentiamo in noi e ci riconosciamo nello stesso struggimento, nello stesso grido, nello stesso anelito.

La mostra, allestita a Castel Sismondo (centro storico di Rimini) resterà aperta fino al 3 giugno. Link al sito della mostra

Link al sito di Linea d'Ombra, l'organizzazione diretta da Marco Goldin che con questa mostra festeggia i suoi primi 15 anni di attività, e di cui vi abbiamo recentemente presentato la bella mostra sull'arte americana a San Marino.


_________________________________________________________________

Urbino: La Città Ideale


Pittore anonimo, seconda metà del '400, Città ideale. Galleria Nazionale delle Marche, Urbino (da Wikipedia)
Urbino ha rinnovato la sua leggenda di città ideale quale centro di convergenza degli spiriti più eletti del Rinascimento italiano.

È in corso una mostra intitolata La città ideale che prende lo spunto dalla presenza eccezionale di una tavola proveniente da Baltimora analoga a quella celebre da sempre presente nella galleria del Palazzo Ducale. I capolavori esposti presentano strutture meravigliosamente geometriche di nobili spazi urbani così armoniosi da far riflettere sul senso del divino e della perfezione. Il superamento dei limiti umani nella pittura più antica era reso con gli sfondi d'oro in cui si realizzava la fissità del tempo in uno spazio solo divino, ma l'Uomo Nuovo del Rinascimento si costruisce intorno spazi tanto perfetti da apparire ugualmente divini.


Bartolomeo di Giovanni Corradini detto Fra Carnevale, Veduta di una Città  ideale. Walters Art Gallery, Baltimora.
(da Wikipedia)
Le due città ideali sono poste in una sala l'una di fronte all'altra (entrambe originariamente prive di personaggi), spazi magici forse destinati a divinità dall'aspetto umano come gli dei dell'antica Grecia. Fanno riflettere sull'anelito alla bellezza che l'uomo ha sempre coltivato, una bellezza che  avrebbe voluto riconoscere in tutto ciò che lo circonda. La storia lo ha contraddetto, le città sono cresciute seguendo direttive che ricalcano destini molto più approssimativi e improvvisati. 
La geometria delle due tavole non è mai pedestre, nessuna simmetria è ovvia, l'armonia che regna riflette altre sostanziali armonie nell'ordinamento politico e nel mondo interiore.


Domenico Veneziano, Miracolo di San Zanobi. Fitzwilliam Museum, Cambridge UK
(da Altritaliani.net)
Il tema della mostra permette di riflettere (e incantarsi) davanti alle opere dei più grandi artisti della seconda metà del XV secolo, da Mantegna a Perugino, da Domenico Veneziano a Bramante, da Raffaello a Pier della Francesca. Quest'ultimo, cui era una volta attribuito il dipinto della città ideale presente ad Urbino, lascia l'impronta più profonda con la Flagellazione, nel cui insoluto mistero si fondono le ragioni più profonde dell'arte e della storia.

Bottega perugina, circa 1473, Miracoli di San Bernardino. Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria
Dal sito web della Galleria Nazionale dell'Umbria
(nella mostra urbinate sono presenti altre tavole della stessa serie)
Bottega perugina, circa 1473. Miracoli di San Bernardino. Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria.
Da Altritaliani.net
(Opera presente nella mostra)

La mostra è terminata l'8 luglio 2012 e il relativo sito web, che come sempre avevamo linkato, è stato rimosso.
Il biglietto cumulativo consentiva di ammirare anche la irrinunciabile Galleria del Palazzo Ducale. Per chi non l'avesse visitata di recente c'è la magnifica sorpresa della collezione Volponi regalata al Museo dallo scrittore e dai suoi eredi: una notevolissima serie di capolavori risalenti soprattutto al secolo XVII.


Veduta di Urbino con il Palazzo Ducale. Da News Immobiliare.it



lunedì 19 marzo 2012

Da Hopper a Warhol

La suggestione irruenta dell'arte americana in mostra a San Marino


Edward Hopper, Drug Store (1927). Boston, Museum of  Fine Arts. Da WebMuseum

Non pensavamo che l'arte contemporanea ci avrebbe dato la stessa emozione e la stessa necessità, direi quasi struggente, di guardarla anche da vicino inforcando gli occhiali, come ci succede con quella antica, con le sue minuziose e squisite calligrafie.

La conferenza-videoproiezione cui avevamo assistito il venerdì precedente, organizzata dall'Associazione Culturale “Diego Donati”, ci aveva galvanizzati. Mimmo Coletti aveva presentato una sintesi così ammaliante della storia dell'arte americana che, venendo a conoscenza della mostra “Da Hopper a Warhol” a San Marino, siamo partiti con il nostro bagaglio di curiosità. E non siamo rimasti delusi.

L'occhio è caduto per primo sul dipinto di Edward Hopper. La suggestione notturna della vetrina newyorkese, nella strada silente, è irresistibile e piena di mistero. I colori raccolti in quello spazio giallo dove tutto intorno sfuma nell'inchiostro e nei seppia, riassumono il suo messaggio e la sua poetica, la solitudine e l'artificio del vivere nella metropoli e la rassegnazione alla perdita di senso, contemplati con occhio lucidissimo.

La stessa lucidità caratterizzava i filosofi della cosiddetta “Scuola di Francoforte”, a me tanto cari, che analizzavano l'evoluzione del pensiero fino al disperante esito di impotenza nella società contemporanea.

Una reazione di ferma ribellione, che si traduce in negazione del linguaggio stesso, Jackson Pollock la riversa sulle sue tele. Ce ne sono due nella mostra, una del 1948 e una del 1952, che con gli ermetici titoli di “numero nove” e “numero otto”, rispettivamente, vogliono restare suono inarticolato o cupo e urlato silenzio. Pollock spiegava la sua pittura come “improvvisazione psichica”, allo stesso modo in cui per i contemporanei scrittori della beat generation (Ginsberg e Kerouac in particolare) la scrittura avveniva in una condizione di trance, era un lasciar fluire il senso direttamente dalle profondità della psiche, fuori dalle strutture usuali, senza mediazioni.

Questo era anche il Jazz di Charlie “Bird” Parker, il maestro di tutti, di una musica e un'arte in genere che viveva di improvvisazione. Ma l'evoluzione dell'arte americana trova una nuova espressione snodandosi tra i grattacieli della grande città, tra i muri immensi dove è difficile sentirsi persona, ed esistere come uomo. E l'artista, non aspirando più all'eternità, si accontenta di vivere, e l'ambiente urbano, così smisurato, diventa la sua tela.

Keith Haring, nei suoi brevi 32 anni di vita, ha lasciato il segno geniale di una sintesi straordinaria con cui linee semplici e ambivalenti individuano sagome umane che hanno spessore solo immaginario e trasparente dentro i contorni definiti da una linea. La sua grande tela qui esposta è commovente e fa sorridere per l'ironia, la grazia, l'energia e la dissimulata consapevolezza.

Altre meraviglie ha in serbo la mostra, e tutte grandi. Inconfondibile, benché imitatissimo, lo stile di Roy Lichtenstein. Abbiamo cercato di carpire alla grande tela i suoi segreti, facendo ipotesi sulla tecnica di realizzazione, senza arrivare a una risposta. La implacabile nitidezza, più industriale che umana del prodotto, lo rende perfetto e misterioso. Come i bambini sono più affascinati da oggetti di plastica dai colori vivi e uniformi che dagli sfumati della natura, anche noi siamo rimasti a contemplare quell'umanità smaltata, quelle forme perfette e lontane dalla realtà. 

Infine Andy Warhol: tre grandi tele, tre serigrafie, dove l'artista è intervenuto su foto ingigantite. La celebre Jackie del 1964, nel suo splendido glamour, stridente con l'assassinio da poco avvenuto del marito, si pone come l'icona di un'America esplosiva nel suo benessere e nella sua violenza (non dimentichiamo la contemporanea guerra in Vietnam). La Statua della Libertà, con i colori della bandiera che la serigrafia sparge in chiazze nitide e casuali, sembra lanciare un grido, come se la libertà stessa fosse fatta a pezzi nel sentimento del critico Warhol, insieme ai valori e al sogno americano. Infine, la sua stessa gigantesca faccia, occhiali e capelli da punk, ribelli e immensi, è cosparsa di colori di tuta mimetica a maculare la tela.
Pensando anche alla celebre serie di visi di Marilyn, nessun ritratto per lui può restare inalterato a raccontare a modo suo una vita, perché una vita non è più tale, la persona si è dissolta nei colori artificiali di una cultura ormai inautentica, in cui l'uomo “unidimensionale” è divenuto semplicemente consumatore e si smembra mercificato negli oggetti e nei colori.

Come è stato emozionante scoprire le premesse di tante produzioni viste anche qui in Italia! In quest'arte pioniera ci è sembrato di riconoscere le radici, piene di energia ma anche di minacce, di quello che per noi era futuro ed è a poco a poco diventato presente.


*   *   *
Linea d'Ombra. Da Hopper a Warhol.
Palazzo SUMS, Repubblica di San Marino, 21 gennaio - 3 giugno 2012
Link al Sito Web della Mostra