Un itinerario nei dintorni di Camerino
L'ineffabile grazia dell'arte marchigiana in questo busto femminile del primo cinquecento (Museo Civico di Pievebovigliana) |
Pievebovigliana
La cosa più speciale di un piccolo comune come Pievebovigliana è che ogni oggetto ha una storia ed è spesso una storia d'amore.
Così il Museo Civico “Raffaele Campelli” è il prezioso scrigno delle memorie del paese e contiene pagine frammentarie di un diario plurimillenario, scritto sulle pietre scheggiate dei preistorici primi abitanti e via via sui manufatti piceni e poi romani. Questa sezione del museo è intitolata al grande archeologo Valerio Cianfarani, che iniziò i suoi studi alla “Pieve” ed era tra i giovani che con Monsignor Campelli, il parroco di allora, gli anni '20 del secolo scorso, raccolsero con passione i reperti affioranti in paese e lungo il torrente Fornace, costituendo il primo nucleo del museo in un ambiente della canonica.
Olla rinvenuta da Mons. Campelli nel 1926 (Museo Civico, sezione archeologica) |
La Pinacoteca ospita tele e sculture allineate alla eleganza e grazia marchigiana dei secoli dal XV al XVII. Una tela è invece di scuola romana (copia da Scipione Pulzone), che Niccolò Liberati, emigrato a Roma dove aveva fatto fortuna con la sua attività di fornaio, donò alla sua mai dimenticata parrocchia di Petrignano, un segno di amore e fedeltà alle proprie radici.
Crocifissione, copia da Scipione Pulzone (sec. XVII). Particolare. L'originale (1585-90) è a Roma nella chiesa di Santa Maria in Vallicella o Chiesa Nuova |
La grazia fanciullesca di un angelo. Pittore umbro del primo '500, Madonna di Loreto (particolare) |
San Sebastiano, inerme nella sua stilizzata nudità. Statua lignea, XV sec. |
Particolare del San Sebastiano |
Simone e Giovan Francesco De Magistris (attrib.), Madonna di Loreto e Santi (particolare con San Paolo) |
Nobilissimo e dolorosamente consapevole viso di Cristo. Terracotta, sec. XVI. Rinvenuta e restaurata da Mons. Campelli |
Una sala del Museo Civico di Pievebovigliana |
Il museo è stato il punto di partenza del nostro itinerario perché lì si trova documentata, accanto alle eccellenze artistiche di Filippo Marchetti e Maria Paciotti, anche la storia delle attività produttive del luogo, dalle fornaci alla tessitura alla distillazione dei liquori.
Le quattro stagioni, xilografie di Maria Paciotti (prima metà del '900) |
Il fortepiano di Filippo Marchetti |
Di conseguenza, salendo per antiche strade alla chiesa di Santa Maria Assunta, la bellezza armoniosa della costruzione si inserisce in una secolare storia di cultura.
La triplice abside della Pieve romanica di Santa Maria Assunta |
Una vista laterale mette in evidenza la doppia altezza dell'abside, che racchiude la chiesa e la sottostante cripta (alcune foto della cripta in questo nostro precedente articolo) |
La Chiesa di San Giusto a San Maroto (sec. XI-XII) meriterebbe da sola il viaggio. In quello spazio semplice di arcana perfezione regna un silenzio sovrumano. Tante sono le ipotesi sulla sua storia. Ne riferisco una che sembra armonizzi la forma particolare della chiesa con il nome San Maroto, originariamente San Marone (l'intitolazione a San Giusto è probabilmente avvenuta in un secondo tempo). Questi era un eremita siriano morto nel 410, i cui numerosissimi seguaci, i Maroniti, si spostarono in Libano nel VII secolo. Durante le crociate furono fitte le relazioni tra loro e la Santa Sede (la testa del santo è tuttora conservata nella cattedrale di Foligno) ed è noto che alla diffusione del monachesimo in Umbria e Marche contribuirono certamente monaci siriani.
La pianta circolare è rara e realizza all'interno uno spazio arcano |
La struttura a tholos della cupola in pietra calcarea è semplice e suggestiva |
La chiesa di San Maroto custodisce una Madonna in trono (qui un particolare) attribuita a Venanzio da Camerino (primi decenni sec. XVI) |
Ringraziamo il Sindaco di Pievebovigliana Sandro Luciani e l'architetto Lolita Ciuffoni che con grande cortesia e disponibilità ci hanno fornito materiale informativo e una guida alla visita del museo, oltre alla possibilità di effettuare riprese fotografiche.
Convento di San Francesco a Renacavata
Il convento di Renacavata, presso Camerino, è uno dei primissimi insediamenti del nascente ordine dei Cappuccini e ne esprime la scelta di povertà e semplicità nei muri spogli e nel porticato d'ingresso, nella piccolissima chiesa raccolta e mistica, nel rifiuto del lusso di cui faceva sfoggio la chiesa pretridentina.
Mattia della Robbia, Incoronazione della Vergine con San Francesco e Sant'Agnese, 1530 |
L'impegno dell'Ordine nelle missioni permise loro di utilizzare materiali inconsueti, preziosi come legni esotici e gusci di tartaruga o estremamente poveri come la paglia che però diventa una grafia dorata nelle loro mani.
Paliotto in paglia (XVIII sec.), particolare |
Ciborio (o tabernacolo) in legni pregiati, avorio e madreperla (XVII sec.) |
Ciborio in legno e tartaruga (sec. XVIII) |
Particolare con statuetta dell'Immacolata |
La piccola e preziosa architettura barocca trova il suo punto focale nella porta del tabernacolo |
Anche i quadri, benché poco originali, recano il segno di veri pittori come la pregevole copia da Raffaello o il drammatico San Francesco vicino all'emozione di uno Zurbaran o di un Ribera, o la Deposizione secentesca che riecheggia i grandi bolognesi del tempo.
Madonna della Palma, copia da Raffaello |
San Francesco, autore ignoto, sec. XVII |
Particolare di Deposizione, autore ignoto, sec. XVII |
Un giovane novizio ci ha fatto da guida con orgoglio e entusiasmo, come chi, indossando un misero saio di tela, mostra i tesori della grandezza di cui la sua “famiglia” fu capace.
Per chi volesse ripercorrere questo piccolo ma affascinante itinerario, alleghiamo una cartina tratta da Google Maps:
L'articolo è molto coinvolgente perché costituisce non solo il diario di un affascinante viaggio attraverso le varie forme che le mani degli uomini possono dare al loro amore per la bellezza, ma anche, spaziando tra epoche diverse,una testimonianza del fatto che, se la loro esistenza finisce, l'arte, grazie ad alcuni tra quelli verranno dopo,può far sì che ne resti per sempre il ricordo. Auguro a Rita e Aurelio un anno, anzi, tanti anni di altri meravigliosi viaggi. Vittoria
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