Jan Vermeer, Ragazza con il cappello rosso (1665 ca.). Washington, National Gallery of Art. Dal sito web della mostra |
Non potevamo mancare la mostra romana. Un'occasione così rara era imperdibile.
Di Vermeer non esiste un solo quadro (visibile) in Italia. Poterne vedere otto dei più famosi insieme a una cinquantina di opere di pittori coevi è stata un'esperienza intensa e che ha lasciato in noi un segno profondo.
Si percepisce in tutti il gusto prorompente della scoperta. L'avanzare delle ricerche sull'ottica e sulle lenti nell'Olanda del tempo, affrancatasi nel 1648 dalla oppressione spagnola, e lo sviluppo delle attività mercantili in una società sempre più floridamente strutturata sulla famiglia con la solida etica calvinista determinarono una nuova figura professionale per il pittore. E' il fotografo d'arte del tempo, che dà forma alle persone, alle attività e alle case, e mentre le riproduce con minuzia e maestria le investe di valori.
Gabriel Metsu, Donna che legge una lettera (1664 ca.). Dublino, National Gallery of Ireland. Dal sito web della mostra |
L'uso della camera chiara e della camera oscura, che permettono il salto di qualità in senso "fotografico" della pittura, non toglie nulla alla sua qualità lirica. Le figure silenziose negli scorci d'interni sono investite da una luce accuratamente riprodotta ma così preziosa da sembrare divina. Le attività quotidiane rilucono di quella Grazia che nella morale calvinista proprio attraverso di esse si manifesta, e la luce è tanto vera quanto trascendente.
Jan Vermeer, Giovane donna con bicchiere di vino (1659 ca.). Braunschweig, Herzog Anton Ulrich Museum. Dal sito web della mostra |
Se Vermeer ha una malia irresistibile, i suoi contemporanei, in particolare Pieter De Hooch, ma anche Gerard Ter Borch, Gabriel Metsu e Frans Van Mieris, ben rappresentati nella mostra, utilizzano le stesse tecniche con altrettanta straordinaria maestria. Quadri piccoli, preziosi gioielli quasi miniature, fermano il nostro respiro fissando quei momenti di vita borghese in un attimo eterno di assoluta bellezza.
Pieter De Hooch, La camera da letto (1658 ca.), particolare. Washington, National Gallery of Art Da Google Art Project - cliccare sull'immagine per andare alle opere di De Hooch, di cui questa è l'ultima a destra |
Rispetto ai quadri di genere precedenti, dai sordidi interni di bettola con figure spesso macilente e moralmente ambigue, ora le case borghesi dai bei pavimenti a riquadri bicolori di marmo, ben arredate con tappeti e tende, con quadri e carte geografiche e specchi alle pareti diventano il soggetto nobile e reale dei dipinti di questa cerchia, che hanno la modernità di inquadrature fotografiche o cinematografiche attuali.
Jan Vermeer, Giovane donna in piedi al virginale (1670 ca.). Londra, National Gallery. Dal sito web della mostra |
Le donne in particolare, dagli abiti di raso in splendidi colori, raccolgono nei loro composti atteggiamenti i valori etici ed estetici di quel periodo. Vermeer, più degli altri innamorato del suo soggetto, mette a fuoco le sue protagoniste come un grande fotografo che utilizzi una focale da ritratto e ne coglie l'espressione assorta, enigmatica o stupita dietro la quale si intuisce, come dentro uno scrigno, un tesoro di pensieri, di emozioni e di sogni.
Jan Vermeer, Donna con collana di perle (1662 ca.), particolare. Berlino, Gemäldegalerie (opera non presente nella mostra romana) Da Google Art Project - cliccare per visualizzare ad alta risoluzione - zoom con rotella del mouse |
Jan Vermeer, Giovane donna che legge una lettera (1663 ca.). Amsterdam, Rijksmuseum (opera non presente nella mostra romana) Dal sito web del Rijksmuseum - cliccare per visualizzare ad alta risoluzione |
"Galleria" di dipinti di Vermeer nel Google Art Project. Alta risoluzione e colori ben riprodotti. Cliccare sull'immagine per entrare |
Galleria di Pieter De Hooch. Clic per entrare |
Vermeer. Il secolo d’oro dell’arte olandese.
Roma, Scuderie del Quirinale, 27 settembre 2012 – 20 gennaio 2013
Link al sito web della mostra
________________________________________________________________________________
APPENDICE:
La "cerchia di Delft" vista da un fotografo
Osservando le affascinanti opere di Vermeer e di altri pittori della stessa epoca ed area (De Hooch, Ter Borch, Metsu ...) con l'occhio del fotografo smaliziato, si coglie subito quella strepitosa qualità della luce che le rende così particolari rispetto ai dipinti coevi. Una luce inesorabilmente "fotografica" fa pensare, senza voler sminuire la poesia che emana dalle incantevoli tele, che per alcune di esse siano stati utilizzati degli ausili ottici.
La camera chiara è uno di questi sistemi. E' noto che la utilizzasse Albrecht Dürer. Un'attrezzatura piuttosto semplice, composta da una lastra di vetro (o telaio metallico) quadrettata e da una diottra per traguardare, posizionando l'occhio sempre nello stesso punto. Il suo impiego viene spiegato in modo efficace da questo spezzone di un fascinoso film di Greenaway ("I misteri dei giardini di Compton House" era il suo titolo italiano):
La camera oscura, il cui principio è documentato anche negli scritti di Leonardo, è un poco più complessa: la luce che entra attraverso un foro proietta sulla parete opposta un'immagine capovolta. Con uno specchio questa può essere raddrizzata, inviandola a un vetro smerigliato osservabile dall'esterno della camera. Se poi al foro si sostituisce una lente convergente (obiettivo), l'immagine sul vetro risulta abbastanza luminosa e può essere osservata anche senza l'oscurità completa.
Ecco, da una vecchia stampa, un modello di camera oscura portatile:
In pratica una macchina fotografica, priva solo dell'otturatore e della pellicola (oggi dovremmo dire del sensore). Un esemplare che sembra appartenesse al Canaletto è conservato al museo Correr:
La camera oscura esisteva anche in forma di cabina in cui il pittore entrava e poteva lavorare sull'immagine proiettata su un tavolino:
Come sa bene chi fotografa con una "reflex" (o meglio ancora con una fotocamera a banco ottico), l'immagine che si forma sul vetro smerigliato, oltre alla prospettiva, riproduce molto bene le sfumature di luce, le transizioni graduali dalle zone in luce a quelle in ombra. E permette inoltre di visualizzare lo sfocato delle parti della scena più lontane o più vicine del piano su cui è messo a fuoco l'obiettivo.
La camera oscura realizza una sorta di "filtro" che estende le capacità di osservazione umane. Il nostro occhio "nudo", spostandosi velocissimamente da un punto all'altro di una scena, compensa i contrasti di luce e mette istantaneamente a fuoco la parte osservata. Sul vetro smerigliato invece vediamo un'immagine con contrasto luci-ombre ben delineato, e con le parti sfocate ben distinte da quelle a fuoco.
In numerosi dei dipinti qui presentati, in particolare quelli di Vermeer ma anche degli altri bravissimi artisti a lui vicini, sembra di poter cogliere caratteristiche peculiarmente fotografiche, come appunto la transizione luce-ombra molto verosimile, e lo sfocato.
Questa sensazione è accresciuta dalle inquadrature utilizzate in questi dipinti, straordinariamente moderne, in linea con il gusto fotografico attuale. E dalla ricorrenza di schemi di illuminazione e di ambientazione tipici di ciascuno di questi pittori, che fanno venire in mente proprio lo studio di un fotografo o una sala di posa.
Opere magistrali, poetiche e affascinanti, che se questa lettura è corretta spostano l'invenzione della fotografia indietro di un paio di secoli, per merito di questa geniale e sensibile cerchia di artisti.
--------------------------------------------------------------------------------------------
Un interessante approfondimento con alcune ipotesi sulla tecnica "fotografica" di Vermeer è presente a questo link:
http://www.cultorweb.com/ottica2/O1.html
Si tratta di un articolo oltremodo interessante dal momento che, come viene spiegato e come mostrano le immagini accluse, si riferisce a una mostra per varie ragioni eccezionale. Inoltre esso illustra in maniera illuminante i diversi modi di rapportarsi a un'opera d'arte. Le parole di Rita, infatti,fanno riflettere sul fatto che la tela su cui l'artista ha steso i suoi colori costituisce un diaframma che l'ossevatore, a causa della suggestione esercitata su di lui da ciò che è rappresentato, attraversa, ritrovandosi così in altre epoche, in luoghi ripresi dalla realtà o solo immaginati, ora all'aperto e ora al chiuso (la stanza con finestra sulla sinistra da cui penetra la luce, ad esempio, che varie volte ritorna nei quadri considerati), dove incontra, diventando quasi uno di loro, personaggi a loro volta ripresi dalla realtà o solo immaginati, immobili o in azione, con i loro abiti, i loro oggetti, i loro gesti e gli stati d'animo rivelati dal loro volto. D'altra parte, e l'articolo lo prova, egli si trova contemporaneamente anche al di qua della tela, alle spalle dell'autore, si direbbe, e cerca di indovinarne i pensieri, le sensazioni, ne studia gli strumenti che, nel caso considerato, risentono, com'è ampiamente documentato,dei progressi della scienza e della tecnica, dimostrando una volta di più che scienza e arte non sono poi tanto distanti, come alcuni credono. Vittoria Bartolucci
RispondiElimina