NOTE PER LA CONSULTAZIONE

NOTE PER LA CONSULTAZIONE:
Per leggere, scorrete la pagina verso il basso: il blog è come una rivista che va "srotolata" anziché sfogliarla. La grafica è ottimizzata per gli schermi dei computer; se leggete da un telefono o tablet, vi consigliamo di tenerlo in posizione "orizzontale".
Per la ricerca di artisti, temi e luoghi usate la casella Cerca nel Blog oppure l'Indice Alfabetico sul lato destro della pagina, visibile scorrendo un poco verso il basso.
Per contattarci: Rita Castigli rita.castigli@gmail.com - Aurelio Stoppini aureliostoppini@libero.it

martedì 8 agosto 2017

Dissolvenze Incrociate

Una mostra itinerante di lavori a quattro mani e due anime

Cecilia Piersigilli e Rita Castigli


Dissolvenze Incrociate espone i lavori di coppie di artisti invitati da Giuseppe Salerno a costruire un percorso che nell'arco di quattro tele va dal mondo espressivo dell'uno a quello dell'altro, nella “modalità del linguaggio cinematografico… dove una realtà lentamente svanisce e una nuova emerge… Un sovrapporsi momentaneo di fotogrammi, una sequenza di atmosfere...”

Gli artisti hanno accolto l'invito di Giuseppe con impegno e generosità e i risultati sono bellissimi. Hanno aperto le barriere entro le quali germogliava la loro energia creativa accogliendo la linfa estranea. Hanno costruito dei lavori simbiotici di splendida qualità estetica, avvincenti e sorprendenti. La mostra vuole raccontare storie come film e costruire metafore liberando sogni e simboli che viaggiano da una tela all'altra.

Anna Massinissa e Massimo Melchiorri

Inevitabile guardare il flusso dei pensieri, dei segni e dei colori da sinistra verso destra come è abituale per noi, ma alla fine del percorso si torna a ritroso a cogliere l'insinuarsi e il sovrapporsi dei segni interpretando forse una storia più complessa e non rettilinea.
Il tranello in cui gioiosamente cade lo spettatore è proprio il desiderio di individuare una cronologia, una catena di eventi in ciascuna delle opere in quattro parti. Ogni opera ha una dialettica circolare, non aristotelica, per cui ad ogni passaggio dello sguardo nuovi significati vanno a investire le altre parti. Il risultato intriga chi guarda e l'insieme è molto di più della somma delle quattro tele, perché in ognuna si riverberano le altre tre. E benché le due centrali siano quelle in cui materialmente si realizza la sintesi, anche le altre ne traggono luce.
Cecilia Piersigilli e David Urru 

Così la ballerina di Angelisa Bertoloni si trova a ballare sulle pericolose schiume blu ribollenti di David Urru e tutto diventa danza. La forma al suo massimo di definizione estetica sembra lottare contro il suo rivale in quello che pare un combattimento e ricorda la lotta dei cartoons contro la “salamoia” nel film di Roger Rabbit.

Pippo Cosenza e Achille Quadrini

Le strutture urbane assolate, i muri antichi meridionali grondanti di storia e ricordi di Pippo Cosenza si frantumano nei mosaici spaziali di Achille Quadrini e vanno a sospendersi in un etere luminescente.

Le aree di colori contrastanti simili a collage di Riccardo Fioretti si riempiono a poco a poco di oggetti, ma si potrebbe dire che il mondo sovraccarico di cose, persone e ricordi di Maria Silvia Orlandini si va semplificando verso la purezza del colore privo di volume.

Rita Albertini e Arnhild Kart

Il mondo onirico e angoscioso di Rita Albertini, chiuso dentro una stanza senza finestre o porte, viene penetrato da coni di luce fino a perdere le pareti mentre i personaggi escono dalla prigionia e scompaiono nelle trame geometriche create da Arnhild Kart.

Lughia e Caterina Prato

Lughia e Caterina Prato si sono legate tramite un antico viottolo di cipressi che si snoda da una tela all'altra serpeggiando. È percorso a piedi nudi da una donna diretta al campanile nel blu, elegantissimo colore ricorrente che dal vestito della prima scena fa intuire la rete simbolica di un percorso esistenziale e spirituale.

Enrico Miglio e Fabio Grassi
 
Il passaggio dalle minute articolazioni del legno finemente lavorate in una struttura di apparente complessa funzionalità alla uniforme pace della terracotta verso la concretezza ruvida di sagome elementari affascinano nel lavoro di Enrico Miglio e Fabio Grassi.

Cecilia Piersigilli e Mario Boldrini 

Lo schema forse della terra, forse della coscienza di Mario Boldrini si insinua nel paesaggio di Cecilia Piersigilli arricchendolo ancora di mistero.

Stefano Chiacchella e Ferruccio Ramadori

La spazialità coloratissima di Ferruccio Ramadori, impressione di un cosmo in disordinata evoluzione, irrompe nelle forme chiuse e smaltate di Stefano Chiacchella, insinuando dubbi e corrodendo le superfici fino a ritornare all'illusione di una rappresentazione della realtà subito contraddetta da un simbolo di play.

Mauro Tippolotti e Chigusa Kuraishi

Due culture si sono incontrate infrangendosi l'una nell'altra. La ricerca di Mauro Tippolotti di rendere le dinamiche interiori del tempo ha incontrato l'onda primigenia della giapponese Chigusa Kuraishi per la quale la tensione lineare si incurva dissolvendosi in spuma.

Michela Meloni e Veronica Severi

Il lavoro di Michela Meloni e Veronica Severi si può considerare paradigmatico per la complessità del processo di avvicinamento, fusione e recupero identitario di ciascuna delle coppie di artisti: un paesaggio d'anima si va arricchendo di illusionistiche concretezze in direzione del paesaggio scabro, terrestre e insieme simbolico, delle piramidi di erosione, punto d'arrivo ma sempre provvisorio di un lavoro di scavo e di umana ricerca.


Villa Graziani a San Giustino (PG)

Villa Graziani a San Giustino (PG)

Villa Graziani a San Giustino (PG)

Stefano Chiacchella

Omero Angerame e Toni Bellucci

Achille Quadrini e Pippo Cosenza

Villa Graziani a San Giustino (PG)

La mostra Dissolvenze Incrociate è stata allestita nel suggestivo spazio di Villa Graziani a San Giustino (a cui si riferiscono le immagini) dal 18 giugno al 30 luglio 2017, e verrà ospitata in altre location secondo il seguente programma:

- dal 2 settembre al 15 ottobre Fabriano, Complesso San Benedetto
- dal 28 ottobre al 26 novembre Terni, Palazzo Primavera






domenica 6 agosto 2017

Il pensiero, il segno e la luce

Tre artisti nella suggestiva cornice dell'antico frantoio

Fossacesia


Pippo Cosenza è di Palermo e laureato in ingegneria nucleare. Incarna nell'attualità l'uomo della Magna Grecia, dove il culto creativo della bellezza si associava a quello della razionalità, tanto che la lussuosa intelligenza di un suo antenato di 2500 anni fa poteva dimostrare che in una gara di velocità tra la tartaruga e la lepre non avrebbe vinto la lepre. Pippo crea strutture razionali perfette e complesse e poi vi esercita il potere di Kronos, il più potente degli dei, anche più di Zeus, e, come il dio che detta le regole, consuma sbiadisce logora modifica, fa come mille e mille nascite e morti e sovrapposizioni di genti e di culture. Il suo sogno astratto si arrende al tempo e sulla scacchiera il re vinto si adagia. Lo fa con un sorriso dove la malinconia è intrisa di dolci struggenti ricordi.

Pippo Cosenza

Pippo Cosenza

Rita Castigli e Pippo Cosenza


Il disegno è il suo punto di partenza, come Giorgio Vasari sosteneva fosse necessario alla creazione artistica, ed è la matrice anche nei lavori di Silvano D'Orsi. Nativo di Gioia Sannitica, ha sempre fatto l'artista obbedendo a una vocazione incontenibile ed esuberante. Anche lui uomo del sud, discendente di una popolazione italica che importava arte dalla Grecia e dalla Magna Grecia, sembra aver ereditato la perfezione innata del segno, quella misteriosa magia di bellezza che faceva ancora sostenere alla maggioranza in pieno seicento, dopi i geni indiscussi del Rinascimento e anche dopo star internazionali come Caravaggio e Guido Reni, Velazquez e Bernini, che l'arte greca non era stata mai eguagliata e che mai si era ricreata quella naturale perfezione di umanità divinizzata e quella sintesi che sembrava scritta nel cielo.

Il segno di Silvano sembra avere la stessa misteriosa storia. Il fatto, come lui direbbe, di aver sempre lavorato moltissimo, non basta a spiegarla. Il suo lavoro più vecchio che io conosco è un dipinto murario del 1983 che io mi trovai a commentare anni or sono scrivendo la guida ai “muri dipinti” di Mugnano. Le figure femminili avevano già quella ineffabile mistura di sensualità e di astrazione che continua ad ammaliare in quelle di oggi. Il simbolismo della situazione, il loro stare nel chiuso di una stanza con una finestra che si apriva sulla minaccia di un mondo degradato, si può rileggere alla luce degli sviluppi successivi dell'arte di Silvano. Quelle due donne erano ancora integre, mentre quelle degli anni successivi sono diventate incantevoli manichini e non hanno più una testa e un volto, ma magnifici grandi cappelli. Corpi torniti, con abiti lussuosi e lunghissime gambe sensuali attraggono e incantano ambiguamente, il dramma si veste di un sorriso, la mutilazione si veste di bellezza. Non c'è un volto dietro la maschera malinconica di Pulcinella, l'uomo si è perso dietro le sue apparenze in un gioco, però, fatto di forme elegantissime.

Saper esprimere un giudizio di valore così amaro in forma di irresistibile bellezza è la magia che emana dai quadri e dalle sculture di Silvano.

Silvano D'Orsi

Silvano D'Orsi

Silvano D'Orsi

Silvano D'Orsi

Silvano D'Orsi e Rita Castigli


Se Pippo e Silvano hanno come matrice comune il disegno e la ricerca metafisica, Matteo Fiorentino è invece poeta del colore e della luce, ricercatore dell'incanto nel paesaggio. È un impressionista che vuole rendere quell'attimo fuggente in cui ogni cosa si esprime nella perfetta bellezza di una luce che non durerà e che è irripetibile. Vuole afferrare ed esprimere quell'istante come un'epifania di perfezione da far durare invece per sempre, quell'attimo che deve diventare infinito. Ci riesce con una tavolozza ricca di mille colori preziosi e cangianti. L'emozione del colore proietta quel frammento di tempo e di spazio in un infinito fatto di sentimento dove il soggetto perde i suoi connotati di concretezza e si fa vibrazione e luce.

Matteo Fiorentino

Matteo Fiorentino

Matteo Fiorentino

Fossacesia

http://www.artenellavita.com/ALBUM/FOSSACESIA%20STANTE%202017/album/index.html
Cliccare per accedere all'Album digitale con tutte le foto





mercoledì 8 febbraio 2017

I gatti e la metropoli

Nella casa-studio di Arnhild Kart


Arnhild Kart


Arnhild è irrimediabilmente un'artista. Lo si capisce anche solo guardando i suoi lavori senza conoscere la sua storia, una biografia improntata alla ricerca artistica che l'ha portata in Umbria, sull'argine dell'incessante fluire metropolitano, su un'altura dalla quale guardarlo scorrere. 
Le sue sculture concentrano il frutto del suo silenzioso osservare. 
Il personaggio agile e nervoso che si arrampica su una pertica è forse la sintesi più intensa della sua poetica: è una solitudine tappezzata di frammenti di giornale, i fatti del suo tempo. Brani di carta strappati irregolarmente ne costruiscono l'orizzonte imprimendosi sulla sua pelle e diventando il suo spazio interiore.
Vano è il suo tentativo di sfuggirlo andando oltre, arrampicandosi verso un cielo irraggiungibile. Ma egli non rinuncia e con tenacia contorce acrobaticamente le membra nude. Il suo futuro è nel presente del suo sforzo e non ha compagnia nell'ascesa in solitaria. Free climber dell'anima, non ha strumenti o sicure contro le possibili cadute.


Arnhild Kart


Il senso della vita, creazione unica e continua, da inventare con i propri mezzi e i propri limiti, con soluzioni provvisorie come un appoggio precario o una presa insicura, è il tema poetico delle creazioni di Arnhild. Suscita un sorriso stupito, ma induce chi guarda anche alla riflessione sul proprio agire, sulle proprie responsabilità e innocenza. Perché appare innocente e fragile il personaggio di cartapesta, ferito dal vento, inseguito dalle luci della notte artificiale e dal giorno costante dei media.


Arnhild Kart

Nelle tele recenti però anche quello spazio di possibile movimento si chiude e la libertà del tentare si restringe ancora. Quegli spazi acrobatici e pericolosi di ironia sono ingabbiati in una rete di angoli retti, come la grata di una prigione di pensieri in cui la realtà si nasconde e si perde. Fasce di bianco e di indifferenza coprono la fantasia fino alla sua resa e ogni gioco finisce.


Arnhild Kart


Ma questo è un punto di arrivo della ricerca pittorica di Arnhild, una nuova tappa di un percorso intenso partito da lontano. Dipinse la città metropolitana e grattacieli che fanno dimenticare la loro destinazione utilitaria, ergendosi a strutture autonome, spettri di pensiero immensamente rigidi e inumani. Sono vicini alla sensibilità che generò il film Metropolis, e talora sembrano flettersi come scossi da una forza distruttrice in un lago di blu che impone la notte finale.


Arnhild Kart


Altrove i colori si contrappongono in drammatiche tensioni e fissano momenti di lotta violenta ed estrema tra i sessi o per la sopravvivenza di sé o della specie.
Nella produzione più recente le figure danzano in gabbie o su scacchiere, sintesi delle geometrie urbane che le coreografie di Pina Bausch animavano illuminando di grazia e colori strade pilastri e muri.
Queste figure marcano un momento in cui l'ironia subentra al dramma e un tenue sorriso al grido.


Arnhild Kart


Arnhild Kart


L'impressione di gioco crea una poesia insidiosa nel suo personaggio: il corpo sottile e nervoso, agile e dinoccolato, vestito di azzurro festoso o di toppe di giornale come un arlecchino fuori posto, tenta equilibrismi disperati e viaggi incompiuti verso mete indefinite. Indossa la sua solitudine come una calzamaglia colorata, mostra i muscoli per nascondere la sua fragilità. 
Ci induce alla tenerezza e al sorriso, ma questi si spengono a mano a mano che la riflessione riconosce in quei delicati equilibri e sforzi la condizione umana, la nostra, il nostro stare sospesi tra la terra troppo pesante e il cielo troppo infinito.
Arnhild cerca nelle tante modalità artistiche la sintesi di questa insanabile contraddizione ed in ogni opera infonde la sua profonda commozione e sofferta simpatia.



Arnhild Kart

Arnhild Kart



Arnhild Kart vive e lavora in Umbria (Via Clausura 16, 06054 Fratta Todina PG)


Collegamento al sito web di Arnhild:
http://www.arnhildkart.de/


Collegamento all'ALBUM con le foto di opere e della casa-studio di Arnhild Kart:

Arnhild Kart



*   *   *

Cats and Metropolis

A visit to Arnhild Kart's home/atelier


Arnhild is hopelessly an artist. You can tell just by looking at her work without knowing her history, a biography marked by the artistic research that brought her into Umbria, on the bank of the metropolitan endless flowing, on a high ground from which she can watch it scroll.
Her sculptures concentrate the fruit of her silent watching. 
The agile and nervous character who climbs a pole is perhaps the most intense synthesis of her poetry: it is a solitude carpeted of newspaper fragments, the events of his time. Pieces of paper torn irregularly build an horizon imprinted on his skin and becoming his interior space.
Fruitlessly he attempts to run away, going over, climbing toward an unattainable sky. But he does not give up and with tenacity wriths acrobatically his bare limbs. His future is in the present of this effort and there is no companion in his solo ascent. Free climber of the soul, he has no tools or safety latch against possible falls.
The meaning of life, unique creation that everyone continues to invent by one's own means and limits, with temporary solutions like a precarious support or an insecure grip, is the poetic theme of Arnhild's creations, and raises a smile in amazement.
But it also induces the viewers to a reflection on their actions, on their own responsibility and innocence because the fragile paper character on the run seems innocent,  being hurt by the wind and chased by the lights of the artificial night and constant day of the media.
But in Arnhild's recent paintings that space of possible movement closes and that freedom of trying narrows. Those acrobatic and dangerous areas of irony are trapped in a network of right angles, similar to the grating of a prison of thoughts where reality is hidden and lost. Bands of white and indifference cover the fantasy until it surrenders and all game ends.

But this is a landmark of Arnhild's pictorial research, a new stage of an intense  path from afar. She used to paint metropolis skyscrapers that make you forget their utilitarian target, rising to autonomous structures, immensely rigid and inhuman spectres of thought. They are close to the sensibility that produced the Fritz Lang's Metropolis, and somewhere they seem to be bent and shaken by a destructive force in a pool of blue which marks the final night. 
Elsewhere colours are contrasted in dramatic tension and fix moments of extreme and violent struggle between the sexes, or for one'own survival or for the species. 
In more recent production, human figures are dancing in cages or on the chessboard, a synthesis of the urban geometry choreographed by Pina Bausch who filled roads pillars and walls with grace and colours. These figures mark a moment where irony replaces drama and a faint smile succeeds to a cry. 

The impression of playing creates a rather insidious poetry in the climbing character: the thin, nervous body, lithe and lanky, dressed in festive blue or newspaper patches as a harlequin out of place, attempts desperately to balance and to travel towards undefined goals. 
He is wearing his loneliness as a colored maillot, flexing his muscles to hide his fragility. 
You feel tenderness and you smile, but a little at a time you recognize in those efforts and delicate balances the human condition, your condition, the human suspension between too heavy an earth and too infinite a sky.
Arnhild looks for the synthesis of this irreconcilable contradiction in many artistic ways and infuses her deep emotion and experienced sympathy in every work.



Arnhild Kart lives and works in Umbria, Italy
(Via Clausura 16, 06054 Fratta Todina, Perugia)


Link to Arnhild's web site:





Arnhild Kart

Arnhild Kart

Arnhild Kart